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Arturo Iannace: ripartire da giovani e beni culturali

Va avanti il programma editoriale Intervistiamo i candidatə. Nel magazine di oggi parleremo con Arturo Maria Iannace, candidato alla carica di consigliere comunale con la lista Avellino Progetto Partecipato.

Chi è Arturo Iannace?

Storico di professione è del 1991. Arturo ha vissuto per anni lontano dalle “sue” aree interne per poi trovarsi costretto a tornare e non voler più andar via. Per lui è fondamentale puntare sulla fruibilità dei luoghi storici e culturali della città che non devono essere dei meri spazi aperti in modo sporadico durante l’anno, ma dei punti di ritrovo e di riferimento per i giovani della città.

L’intervista

Se ti chiedessero chi è Arturo, cosa risponderesti?

«Arturo è uno storico di professione che però ha iniziato a porsi di recente molte domande sul suo ruolo nel territorio e nel contesto in cui vive. Io sono sempre stato fuori sede dall’inizio dell’università. Sono tornato in Campania solo a inizio 2022. In realtà non è stata una scelta voluta ma sono stato costretto perché era finita la borsa di studio del mio dottorato».

«Non volevo tornare in Campania anche se mi sono dovuto ricredere. Quelli che ho trovato qui sono una serie di ottimi motivi per restare».

«Ho iniziato così a occuparmi di aree interne…sempre in modo più mirato. Era un problema che mi toccava da vicino. Dalle piccole realtà delle aree interne, inevitabilmente poi ci si sposta anche verso i capoluoghi ed eccomi qui candidato ad Avellino».

«L’obiettivo è portare avanti i punti specifici di Più Europa Avellino che sono confluiti e hanno contribuito alla redazione del programma di Avellino Progetto Partecipato».

Sei della provincia di Benevento, come ti sei approcciato con Avellino?

«Conoscevo Avellino per ovvie ragioni di vicinanza geografica. Il primo approccio vero è stato attraverso i progetti sulla valorizzazione delle aree interne».

«Molte persone dell’associazione di cui faccio parte, Give Back, sono di Avellino e provincia. Questo ha spostato il centro di gravità delle mie azioni e frequentazioni nel capoluogo. Ho trovato una realtà davvero stimolante nella quale lavorare».

«Anche dal punto di vista prettamente partitico per me Avellino è stata fondamentale. È qui che sono entrato in contratto con Più Europa ed qui che mi sono tesserato. Non ho mai avuto la possibilità di vivere questa città da abitante ma Avellino condivide molti problemi con gli altri capoluoghi della Campania, Benevento su tutti».

«Questo è un male ma, da un lato, può essere anche un bene perché ti permette di sviluppare soluzioni replicabili anche in altri territori».

Qual è il principale problema di Avellino?

«Te ne direi due e sono: la questione giovanile, intesa nel modo in cui la città si rapporta ai giovani studenti universitari, e come la città si relaziona ai beni culturali. Benevento ha tante differenze su questi due punti ma entrambe le realtà hanno un’attitudine negativa, sia sulla cultura e sui beni culturali, sia sulla questione studentesca».

«Potrei aggiungere anche la questione infrastrutturale ma andremmo a toccare un tema molto più ampio che non riguarda solo gli aspetti e i collegamenti stradali ma anche gli insediamenti produttivi e come ci si approccia alle politiche industriali. Il punto sta proprio nel come».

Qual è il monumento di Avellino che ti piace di più?

«Se dicessi la Torre dell’Orologio sarei banale anche se è davvero bella. Da quando ho avuto modo di godermi con più costanza Avellino direi la Fontana del Bellerofonte (la Fontana dei tre Cannuoli)».

«Sono rimasto colpito dalla sua bellezza e dal significato che mi ha trasmesso studiandomi la sua storia. Il suo essere stata creata su commissione dal principe Caracciolo è il simbolo di intendere il rapporto tra la feudalità e la comunità. In origine la fondata era un abbeveratoio che è stato adornato di marmo, abbellito e reso più signorile».

«Questo aspetto ha trasmesso un me un duplice significato. Da un lato rappresenta un modo in cui una “classe dirigente”, molto distante all’epoca, si preoccupava dei bisogni dei cittadini, provando a fornire servizi più decorosi. Dall’altro, invece, mi trasmette il modo peggiore di avvicinarsi a una comunità da parte del governo, quel modo di approcciarsi ai problemi creando sfarzo e polvere negli occhi senza risolvere le reali difficoltà».

Qual è la prima azione che faresti se eletto in consiglio comunale?

«Affronterei subito la questione degli spazi per i giovani, di pari passo con la questione dei beni culturali che invece ha bisogno di periodo di lavoro più lungo. Nell’immediato servono luoghi per studiare, dare spazio al confronto e alla creatività».

«Luoghi per i giovani generano cambiamento di visione, di rapporto tra le generazioni, creano relazioni e quindi cultura e futuro».

«Quando penso al Casino del Principe provo una certa rabbia. Questi spazi devono tornare ad avere quel potenziale che avevano prima con Avionica e con le realtà che offrivano servizi e opportunità per i giovani: dagli eventi alle aule studio».

«Per me è inconcepibile che una città nel 21esimo secolo, al di là di dove si trovi, non dia ai propri giovani questa possibilità e li lasci confinati in casa o allo sbaraglio. Si tratta di energie che, se messe insieme, attiverebbero un circolo vizioso che contribuirebbe allo sviluppo del territorio».

«Immagino inoltre una Villa Amendola sia come spazio di destinazione culturale e di incontro, sia luogo per celebrare eventi come i matrimoni, sia per mostre artistiche e fotografiche di vario tipo. Bisogna avere un occhio di riguardo per giovani che non avrebbero altri spazi per esporre».

«È fondamentale poi impiegare e far lavorare gente formata sui temi di beni culturali. Non è possibile che nei nostri territori chi studia è poi costretto ad andare via perché non trova un lavoro pagato in modo adeguato e dignitoso».

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