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Celeste De Guglielmo: i giovani ridisegnino Avellino

Intervistiamo i candidatə prosegue il nostro viaggio con Celeste De Guglielmo, 32enne candidata al consiglio comunale con la lista Avellino Progetto Partecipato.

Chi è Celeste De Guglielmo?

Celeste De Guglielmo è una 32enne avellinese laureata in diritti dell’uomo, delle migrazioni e della cooperazione internazionale presso l’Università degli studi di Bergamo. Dopo alcune esperienze lavorative tra Avellino e Milano, ha scelto di mettersi in gioco in questa tornata elettorale.

L’intervista

Hai vissuto fuori Avellino, come mai questa scelta obbligata?

«Innanzitutto, va specificato che spesso questa città agisce con una logica escludente nei confronti di noi giovani. La mia esperienza personale mi ha condotto diverse volte a pensare di andare via da Avellino. Tuttavia non ne avevo la possibilità e per questo, da dopo il diploma e durante gli studi universitari, ho sempre lavorato in questa città, ricoprendo le più disparate posizioni lavorative disponibili con la speranza di trovare un’occupazione dignitosa».

«Prima della mia partenza per Bergamo svolgevo due attività contemporaneamente: per mezza giornata mi occupavo delle attività di volontariato previste dal Servizio civile nazionale e, per la restante parte della giornata, ero impiegata come operatrice in un Centro di Accoglienza per richiedenti asilo».

«Svolgevo due attività perché era l’unico modo per arrivare a uno stipendio decente. Sono andata via quando ero finalmente riuscita a garantirmi qualcosa da parte per poter sostenere le spese da affrontare per il mio trasferimento. Non trovando infatti una posizione lavorativa idonea alle mie competenze (ero già in possesso di Laurea triennale in Lingue e culture Europee), decisi di intraprendere un nuovo percorso universitario a completamento di quello precedente ma anche a completamento dei diversi settori e ambiti in cui avevo lavorato».

«Anche in questo caso non è stato semplice: dopo alcuni mesi che vivevo a Bergamo è scoppiata la pandemia da Coronavirus che ha messo a dura prova tutto il mondo. Sono rimasta lì, nonostante il covid».

«Ho vissuto grazie alle Borse di studio che ho vinto durante gli anni pandemici, ma purtroppo non riuscivo a trovare un’occupazione a causa dei lockdown continui e dell’incertezza sul futuro. Dopo aver preso la seconda laurea con il massimo dei voti in Scienze per la Cooperazione allo Sviluppo, sono tornata qui e ho ricominciato a svolgere lavori demansionanti e sottopagati».

Quali sono state le principali differenze che hai trovato a Bergamo rispetto ad Avellino?

«Bergamo è una città vivibile: i trasporti funzionano e viene privilegiata la mobilità sostenibile. Ci sono luoghi di incontro e attività per i giovani che qui non esistono».

«I giovani hanno idee più chiare sul mondo del lavoro grazie a una logica comunicativa da parte delle istituzioni che qui non esiste. Purtroppo la nostra città risulta essere decenni indietro rispetto ad altre realtà italiane».

Avellino è come una madre matrigna: accoglie sempre i suoi figli ma non offre opportunità. È vero? Cosa pensi serva per cambiare le cose?

«Come dicevo, questa città è stata permeata da una logica escludente. Non tutti abbiamo le stesse possibilità e il compito della rappresentanza politica deve essere quello di garantire nuove opportunità per tutti e non solo per chi ha la fortuna di avere un percorso già avviato o una raccomandazione politica».

«Va fatto un investimento serio sulle nuove generazioni, creando nuovi spazi di incontro e comunicazione e non semplici feste e apertivi che una volta finiti non lasciano nulla di tangibile». 

Qual è il punto della lista APP che ti sta più a cuore?

«Credo che ogni punto del nostro programma sia fondamentale per cambiare le cose. Tuttavia reputo sia fondamentale includere nel processo decisionale la nostra generazione, disertando appunto la guerra generazionale che costringe ogni giorno tanti nostri concittadini a emigrare e affidando i ruoli di responsabilità a giovani under 40».

«Non per noi, ma per tuttə».

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